Il volume di Barbara Lepri (d'ora in avanti L.), vincitore del concorso “Fecit te”, è stato pubblicato nell'omonima collana diretta da Helga Di Giuseppe, per i tipi di Scienze e Lettere, Roma. È frutto della ricerca di dottorato presso la Ludwig-Maximilians-Universität di Monaco, dal titolo “Glass Production and Distribution in the 2nd–3rd c. AD: The Evidence of Rome and Ostia”, che successivamente è stata arricchita e integrata.
La ricerca costituisce una tappa significativa nella storia di questa classe di produzione e ritengo che non si potrà prescindere dagli avanzamenti che rappresenta per questo arco cronologico, per l'Italia in particolare e il mondo romano in generale. Se si prende in esame la bibliografia più recente sul vetro antico, che negli ultimi 30 anni ha registrato molti importanti incrementi, si può verificare che sono numerosi gli articoli specialistici su singoli contesti, oggetti o gruppi di materiali, pubblicati in riviste di settoreFootnote 1 o in atti di convegni nazionaliFootnote 2 o internazionali.Footnote 3 Questi contributi sono importanti per comprendere meglio aspetti particolari e per accrescere la conoscenza delle produzioni e dei commerci su piccola o ampia scala. Si possono citare anche i cataloghi di mostre dedicate, ove sono esposti oggetti per lo più integri, vetri di lusso o appartenenti a una produzione comunque di élite.Footnote 4 Infine, la pubblicazione di collezioni museali, di grande interesse e importanza, ma che spesso hanno il forte limite di presentare materiali privi di contesto di rinvenimento.Footnote 5 Meno frequente è la pubblicazione di studi più ampi, che escono dall'analisi del particolare, per un inquadramento più generaleFootnote 6 di questa classe e del suo significato nell'economia produttiva dell'antichità, negli scambi culturali e commerciali fra diverse aree dell'Impero Romano e nel rapporto con altri materiali, come il vasellame metallico o in pietre dure o la ceramica. Lo studio di L. si inserisce in questa linea di ricerca.
La presentazione del volume (IX–XI), curata da Lucia Saguì, evidenzia la novità rappresentata da questo lavoro per l'Italia, che colma “un vuoto che va ben oltre il territorio romano-ostiense”, dato che “la maggior parte delle forme di questo periodo è diffusa in un ampio ambito geografico”.
Segue un'introduzione di metodo (1–11), che guida il lettore alle parti successive del volume. La scelta del periodo, ossia la media età imperiale, e dell'area analizzata, l'area romano-ostiense, chiarisce fin da subito il taglio del tutto particolare della ricerca, che copre un territorio finora non sufficientemente esplorato per quanto riguarda il vetro. Il riferimento al volume di Clasina Isings, Roman Glass from Dated Finds, pubblicato nel 1957, che ha segnato una tappa fondamentale e per molti aspetti non ancora superata della ricerca sul vetro di età romana, evidenzia che l'Autrice si pone in continuità con gli studi della tradizione, in rapporto ai quali si prefigge l'obiettivo di colmare lacune che la ricerca archeologica più recente ha consentito di affrontare e, almeno in parte, di chiarire e di risolvere.
In apertura, è proprio la citazione della Isings a determinare il punto di partenza: “Rome was already mentioned by Strabo and probably it continued its production at least to late Roman times. We do not know much about it, however.”Footnote 7 È probabile che uno degli stimoli iniziali per intraprendere questo percorso sia stato fornito all'Autrice dalla scoperta di un forno con migliaia di scarti di produzione databili al 2°–3° secolo d.C. nell'area del cosiddetto Palazzo Imperiale a Portus e di altri indicatori di lavorazione rinvenuti nella Regio III di Ostia. L. ripercorre la storia degli studi sul vetro della media età imperiale nel Mediterraneo Orientale, in Africa settentrionale, nel Mediterraneo occidentale e nelle Province settentrionali, offrendo al lettore, anche non esperto, una panoramica che gli consentirà di approfondire molti ambiti. Oltre alle pubblicazioni, l'Autrice cita il ruolo del maggior museo e centro di ricerca sul vetro del mondo, il Corning Museum of Glass,Footnote 8 fondato nel 1951 a Corning, nello stato di New York, in prossimità di un importante centro produttivo dedicato sia al vetro artistico, sia a quello di uso industriale. Sono ricordate anche le attività di promozione della ricerca e di incentivo agli studi sul vetro fornite dall'AIHV-Association Internationale pour l'Histoire du Verre (nata a Liegi nel 1958)Footnote 9 e del relativo Comitato nazionale italiano (fondato a Venezia da Astone Gasparetto nel 1978).Footnote 10
Per l'area romano-ostiense, oggetto della ricerca, sono ricordati i lavori fondamentali delle Terme del nuotatore di Ostia e l'analisi della collezione Gorga, promossa da Lucia Saguì e tuttora in corso. Correttamente, si rileva che troppo spesso il vetro compare in forma quasi residuale in studi più ampi e molto frammentati, oppure viene presentato in esposizioni o cataloghi solo se si tratta di esemplari integri e di eccezionale valore, ma talvolta del tutto privi di un contesto archeologico di riferimento, che possa consentire di definire con precisione la cronologia e fornire le informazioni derivanti dall'associazione con altri reperti.
Molto opportunamente, L. rileva, per il vetro di età romana, l'assenza di studi di insieme ed evidenzia che la prospettiva locale troppo spesso è stata prevalente, portando gli studiosi a creare tipologie basate su sequenze di rinvenimenti di un unico sito, e cita ad esempio i casi di Treviri in Germania e di Augusta Raurica in Svizzera, che pure forniscono molte e significative informazioni. Per queste ragioni, l'organizzazione della ricerca dei reperti vitrei editi e inediti dell'area romano-ostiense non è stata finalizzata a proporre una tipologia locale, anche in considerazione dell'estrema frammentarietà di molti rinvenimenti, che assai di rado consente la ricostruzione completa della morfologia degli oggetti. Una delle finalità, di fondamentale importanza, è stata quella di mettere in luce la capacità produttiva dell'area per quanto concerne questa classe di materiali, in relazione ai rinvenimenti più recenti e alla loro interpretazione.
L. ha preso in considerazione nel volume materiali già editi di Roma e ha rivisto e integrato la documentazione relativa a ben 19 siti urbani e suburbani, che per la stragrande maggioranza sono stati scavati stratigraficamente. Di essi, presenta una sintetica descrizione; i materiali editi sono rielaborati in tavole grafiche e in tabelle sintetiche, con la quantificazione e l'individuazione delle tipologie presenti. Inoltre, sono stati considerati i frammenti dei grandi sterri urbani del 19° e 20° secolo, confluiti nella Collezione Gorga e nel Museo Nazionale Romano. Tutto il materiale è stato suddiviso in tre grandi periodi: 1. dall’80–90 al 140 d.C., 2. dal 140–150 al 240–250 d.C., 3. dal 250 al 300 d.C. Il numero di frammenti analizzati è pari a diverse migliaia, il che rende la ricerca particolarmente importante, data la significatività del campione.
Il capitolo I (13–46) è dedicato alla produzione: sono riprese e commentate alcune ricerche già pubblicate su testi poco facilmente consultabili o in atti di convegni internazionali, non sempre di facile reperimento. Per lo studio del vetro, è fondamentale la distinzione tra produzione ‘primaria’, cioè la creazione di vetro a partire dalle materie prime, e lavorazione ‘secondaria’, ossia la realizzazione degli oggetti con l'utilizzo di vetro grezzo prodotto altrove. Il modello produttivo per l'età romana fino al tardo antico sembra essere quello di poche aree di produzione primaria in oriente (area siro-palestinese ed Egitto) e trasferimento in occidente di blocchi di vetro grezzo che erano lavorati in piccole officine locali, con forni circolari, semi-circolari o rettangolari e con l'uso di crogioli, oppure di una vaschetta separata e forni di tempra. L., con efficacia, lo definisce “centralizzato”, cioè dipendente da pochi centri e basato su una distribuzione a lungo raggio. Occorre precisare che riconoscere queste tracce nel terreno non è molto semplice e in diversi casi un'interpretazione imprecisa ha portato a trarre conclusioni errate. L'Autrice riprende puntualmente le fonti antiche della prima età imperiale, in una interessante e utile rassegna, con lo sguardo rivolto soprattutto alla Penisola italiana.
Affrontare gli aspetti produttivi è uno dei temi irrinunciabili per chi studia il vetro dell'antichità e presenta, specie per il territorio italiano, ancora molte zone d'ombra: infatti, a fronte di una gran quantità di materiali, sono molto scarse le evidenze archeologiche di una produzione o lavorazione locale. L. – insieme con Lucia Saguì – ha il merito di aver ripreso in anni recenti questo tema,Footnote 11 affrontato in modo sistematico nel 1995 da Mara Sternini,Footnote 12 e di averlo aggiornato con le più significative novità emerse dalla ricerca.
Sono analizzati puntualmente e descritti con molta cura gli indicatori di produzione da Roma, Ostia e Portus, anche in questo caso riprendendo fonti antiche e la bibliografia completa sul tema; lo studio è arricchito con la citazione di materiali da vecchi scavi, che sono stati verificati con grande precisione: il corredo di immagini presentate sarà senza dubbio molto utile per chi si avvicina a questo tema e dovrà interpretare contesti di scavo. Per Roma, L. evidenzia come limite della ricerca l'impossibilità di includere le aree lungo il Tevere, ove verosimilmente erano collocate molte attività produttive.
I ritrovamenti di Ostia – sostiene l'Autrice – “aprono nuove prospettive per la media età imperiale” e si tratta indubbiamente di una scoperta di eccezionale importanza. Infine, è presentato il ritrovamento, nel distretto portuale di Portus, nell'area del Palazzo imperiale, di un forno circolare costruito tra la fine del 2° e la prima metà del 3° secolo d.C. In tal caso, sembra di poter individuare una produzione specializzata di coppe e bicchieri in vetro incolore, rivolta al solo Palazzo, oppure destinata anche all'area romano-ostiense in generale. Questo capitolo è chiuso dalla rassegna complessiva degli indicatori di produzione vetraria, che mostra tuttora una grave mancanza di informazioni, in particolare per la penisola italica. Sono molto utili, oltre che chiare nella presentazione, le tabelle riassuntive dei siti individuati, che sono ordinati per ambito cronologico (29–35).
Per il territorio italiano, le novità più significative riguardano: un'area negli scavi dell'Università Cattolica di Milano, il sito rurale di Spolverino in Etruria e il rinvenimento di resti di un forno rettangolare nell'Arena di Verona, databile tra tardo 3° e inizi 4° sec. d.C. Sono riepilogati anche tutti i rinvenimenti di relitti (38–39), che costituiscono il concreto collegamento tra la produzione primaria e le officine secondarie. Ci si sofferma anche sul fenomeno del riciclo e sulle sue implicazioni socio-economiche. La carta di distribuzione dei forni rinvenuti, datati tra 2° e 4° secolo, chiude l'utile e aggiornata rassegna.
Il capitolo II (47–128) è dedicato al vasellame, che è presentato a partire dalle produzioni a matrice e dalle forme aperte alle forme chiuse. Le tipologie principali attestate nell'area presa in esame sono illustrate con un ampio apparato grafico, i disegni sono realizzati da L. (talvolta la scala in cui sono riprodotti non facilita la lettura) e la discussione riguarda la diffusione e le attestazioni delle forme in tutto l'Impero Romano, con un ampio apparato bibliografico. Ad alcuni frammenti di eccezionale interesse viene opportunamente accostato il disegno di un esemplare intero di raffronto, per facilitare la lettura. La descrizione delle tecniche di lavorazione, così come della morfologia dei pezzi, è attenta, competente e accurata.
Seguono le produzioni soffiate, sempre presentate in sequenza morfologica, dalle forme aperte a quelle chiuse, e anche in questo caso l'apparato grafico è ampio e dettagliato, talora con confronti di esemplari integri da altri contesti. La panoramica descritta consente di apprezzare la varietà delle tecniche decorative: dagli esemplari incisi, a quelli con decorazioni applicate e lavorate a caldo. Una gran varietà di orli lavorati a caldo amplia in modo significativo il panorama, rispetto alle attestazioni di area nord-italica, ove si trovano pochi esemplari e una minor varietà morfologica, anche se le produzioni sono presenti e il progredire degli studi ne ha consentito sempre maggiormente l'identificazione. Occorre considerare che solo una ventina di anni fa molti di questi esemplari dagli scavi stratigrafici non venivano sempre interpretati correttamente, in particolare all'interno di studi miscellanei dove il vetro non occupa il posto principale.
Risulta di grande interesse l'affondo sulle tecniche decorative: decorazioni vegetali ad alto rilievo, per le quali si ipotizza una lavorazione soffiata a matrice e una successiva rifinitura a freddo; incisioni a freddo, ossia sfaccettature, chicchi di riso e motivi geometrici; decorazioni incise figurate, con profili umani (gruppo cosiddetto “Contour Grooves” e “Gruppo di Linceo”); gli straordinari esemplari del gruppo “Baia-Puteoli” (fiasche decorate a fini incisioni con la veduta dal mare degli edifici costieri di Baia e di Puteoli di tardo 3°–inizi 4° sec. d.C.); decorazioni cosiddette “a filamenti serpentiformi”, applicate e lavorate a caldo specialmente su bicchieri e forme chiuse; appliques figurate ottenute da matrici e fissate a caldo sulla superficie del vaso (rosette, conchiglie, divinità, medaglioni con busti maschili e femminili); decorazioni pinzate (mammillature, pinne e filamenti); filamenti “a reticolo o pseudodiatreti”. L'ampia esemplificazione fornisce un'idea della straordinaria varietà delle produzioni, della consistente richiesta del mercato, nonché dell'abilità e dell'inventiva degli artigiani dell'epoca.
Il capitolo III (129–67) è dedicato ai bolli su vetro rinvenuti a Roma, talvolta conservati in collezioni all'estero. Si tratta di una rassegna completa, presentata per forme: unguentari, bottiglie e olle a corpo quadrato, bottiglie a corpo cilindrico, bottiglie “mercuriali”, bicchieri. È corredata da tabelle di riepilogo, un ampio apparato illustrativo e un dettagliato catalogo, che segue l'impostazione del monumentale Corpus pubblicato in tre volumi dall'Association Française pour l'Archéologie du Verre (AFAV), che riguarda tutto il mondo romano, con esclusione dell'Italia.Footnote 13
In apertura, è ricordata la discussione circa l'interpretazione della bollatura su vetro: se faccia riferimento all'officina vetraria, piuttosto che al produttore del contenuto.Footnote 14 Si ricorda che la maggior parte dei bolli nominali riporta il nome di un singolo soggetto privato, mentre in altri casi il nome è quello dell'imperatore (famiglia degli Antonini e dei Severi, talora con esplicito riferimento al patrimonio e al fisco): questi ultimi compaiono solo sui balsamari e costituiscono un gruppo ristretto.
Un Sommario in inglese (166–67) chiude il testo. L'Appendice “Roma. Siti e contesti urbani e suburbani” (169–253), non è un accessorio secondario di questo volume, bensì una parte integrante della ricerca, di grande interesse e utilità. Riporta la schedatura di 15 siti urbani e di 4 siti suburbani, i cui rinvenimenti riguardano la cronologia presa in esame in questo studio. La struttura è la seguente: una sintetica descrizione del contesto, tavole grafiche dedicate ai materiali di maggior interesse e tavole di riepilogo delle forme e del numero di attestazioni. Chiude il testo una ricchissima Bibliografia (255–85), che comprende circa 600 voci e dà la misura dell'ampiezza della ricerca svolta, anche a livello della documentazione analizzata e consultata.
In conclusione, ritengo che si possa affermare che il lavoro di L. costituisce una pietra miliare per lo studio delle produzioni vitree di età medio imperiale, considerando la significatività e il numero dei dati analizzati, commentati e contestualizzati. Pur riguardando un'area specifica della Penisola, servirà da confronto per tutto il territorio italiano e per le altre aree dell'Impero Romano. Dato che questi materiali non sono sempre stati al centro dell'interesse degli studiosi, in particolar modo negli anni passati, gli esiti della ricerca consentiranno una ripresa e una revisione degli esemplari già editi, per giungere a interpretazioni più corrette e aggiornate. Inoltre, non da ultimo, indirizzerà opportunamente la lettura dei frammenti da scavo, che spesso sono di difficile inquadramento e comprensione.