Il volume di Elisabetta Bianchi (B.) e Roberto Meneghini (M.), Il Foro di Traiano nell'Antichità. I risultati degli scavi 1991–2007, esamina i risultati degli scavi condotti, tra il 1998 e il 2007, dalla Sovrintendenza ai Beni Culturali del Comune di Roma (attuale Roma Capitale) nel Foro di Traiano, focalizzando principalmente l'attenzione sulle strutture murarie dell'immenso complesso, scoperte ex novo o riesaminate alla luce dei nuovi rinvenimenti, e sulle loro originarie decorazioni. L'opera si propone, come sottolineato nella Premessa, come prosecuzione e completamento di una prima monografia, ad opera del solo M., pubblicata nel 2021 nella stessa collana, incentrata sulla storia del complesso traianeo nel Medioevo e nel Rinascimento, delineata sulla base dei sopracitati scavi 1998–2007.Footnote 1
La struttura dell'opera si compone di sette capitoli, che i due autori firmano singolarmente: i primi due, oltre alla Premessa, sono di M., il terzo, il quarto e il quinto di B., il sesto, conclusivo, di M.
Dopo la breve Premessa, corredata dalle immagini fotografiche degli studiosi e degli scopritori del Foro di Traiano dall'Ottocento in poi, il volume si apre con un primo capitolo dedicato alla storia degli studi, suddivisa in base ai singoli edifici e monumenti componenti il complesso: la disamina dello status quo ante è rivolta alle ipotesi ricostruttive architettoniche generali, dalle planimetrie agli elevati, proposte nel corso del tempo e solo in parte modificate dalle successive indagini. Particolare attenzione viene riservata alle ricostruzioni di Carla Maria Amici e James E. PackerFootnote 2 e da un gruppo di studiosi (Marina Milella, Gioia Piazzesi e Bianca Maria Tummarello), impegnati in particolare nell'esame delle decorazioni architettoniche, afferenti il Dipartimento di Scienze storiche, archeologiche e antropologiche dell'antichità dell'Università di Roma “La Sapienza”, sotto la direzione di Sandro Stucchi e Patrizio Pensabene,Footnote 3 che hanno operato tra il 1982 e il 1997 in collaborazione con i responsabili per la X Ripartizione Antichità e Belle Arti del Comune di Roma, Luigi Messa e Lucrezia Ungaro.
Seguono i capitoli 2 e 3, che riassumono i risultati, già più volte anticipati da numerosi contributi presentati dai due autori in diverse sedi nel corso del tempo ed elencati in bibliografia, delle due grandi stagioni di scavo (1991–1997/1998–2001 e 1998/2007) che hanno interessato l'area centro-meridionale del complesso, suddivisa in sette settori di indagine (visibili nella planimetria alla figura 2.5, p. 31): in particolare, una gran parte della piazza sul lato Ovest, la sala trisegmentata con il colonnato aggettante, il cortile porticato a Sud di questa, l'estremità meridionale del portico orientale con un corridoio coperto a Sud, cui il portico era collegato, e una serie di ambienti aperti sullo stesso corridoio, sul lato opposto al portico; questi ultimi ambienti costituiscono un lacerto del complesso sistema di adattamento del portico orientale della piazza al preesistente intervento domizianeo nell'area, rappresentato dalla cosiddetta “Terrazza domizianea”. Nei due capitoli si procede, di pari passo con la disamina delle emergenze rinvenute, a una loro possibile ricostruzione, che offre un aggiornato quadro architettonico del complesso e dei monumenti che lo compongono, nel contesto topografico e urbanistico circostante, con particolare riferimento ai Mercati di Traiano, al Foro di Cesare di fase traianea e al Foro di Augusto. Per quest'ultimo complesso le indagini 1998–2000, rimettendo in luce le strutture del portico settentrionale, ne hanno potuto studiare anche le trasformazioni subite per l'inserimento del Foro di Traiano e hanno permesso di presentare una ipotesi ricostruttiva del progetto originario con due emicicli minori a Ovest delle grandi esedre, quello a Nord, rivelato dagli scavi, sacrificato per il complesso traianeo, e quello a Sud, ipotizzato per simmetria, già demolito da Domiziano per il Foro inaugurato da Nerva nel 97 d.C.
Il capitolo 4 affronta la questione relativa all'imponente e compartimentato sistema di smaltimento delle acque nei vari settori del complesso,Footnote 4 illustrato con dovizia di particolari, oltre che per un'esigenza di completezza dei dati, anche e soprattutto per le considerazioni di tipo cronologico che ne scaturiscono, riprese poi nel capitolo successivo e relative alle fasi costruttive e alla durata dei lavori nell'enorme cantiere. Inoltre vengono evidenziate la particolare situazione geomorfologica dell'area e le ardite operazioni di sistemazione artificiale del terreno in vista dell'erezione del complesso stesso, nonché la complessità della connessione con il preesistente sistema di smaltimento del Foro di Augusto, adiacente a Sud, e con la Cloaca Maxima. Il capitolo infatti è corredato da un cenno introduttivo rivolto proprio alla geomorfologia e fornisce indicazioni preziose riguardo alle caratteristiche tecniche e costruttive del sistema stesso, alla lunga durata del suo utilizzo, documentabile in generale fino al 5° sec. d.C. (ma con un protrarsi fino al 7° secolo per i condotti fognari situati in prossimità della grande piazza del Foro), nonché alle fasi tardoantiche e medievali di abbandono, distruzione, obliterazione e di riempimento delle parti componenti il sistema, utilizzate da ultimo come discarica dei materiali di scarto provenienti dalla spoliazione delle strutture stesse del Foro.
Segue il capitolo 5, riservato ai bolli laterizi del Foro di Traiano, in particolare quelli rinvenuti in situ nelle cortine degli elevati conservati e all'interno dei canali dell'impianto fognario:Footnote 5 il patrimonio si era grandemente accresciuto rispetto al catalogo del BlochFootnote 6 già con le campagne di scavo 1991–1997 e 1998–2000, di cui era stato fornito il catalogo già nel 2001;Footnote 7 più tardi, con le campagne 2005-2007, si è rilevata la presenza di 103 nuovi bolli laterizi che hanno portato a 225 gli esemplari documentati nel Foro di Traiano, riferibili a 54 differenti bolli e rinvenuti tutti nei settori alle estremità Nord e Sud. In questa sede si è preferito non procedere a un catalogo integrativo, ma a segnalare, tramite elenchi in apposite tabelle,Footnote 8 la localizzazione di tutti i bolli, sia di vecchia che di nuova scoperta, rinvenuti sia in situ e in opera che fuori contesto, corredata da abbondante e accurata documentazione fotografica.Footnote 9
Le testimonianze epigrafiche, relative a una produzione riferibile a un arco cronologico di 40-50 anni, sono esaminate con una prospettiva ampia, che affronta non solo i diversi aspetti legati alla fabbricazione dei mattoni e all'organizzazione delle forniture, ma anche le problematiche relative alla forza-lavoro impiegata per la sua realizzazione, che si possono evincere dalla presenza e consistenza dell'opera laterizia nel complesso, e alla complessiva durata dei lavori per il completamento delle opere laterizie, calcolata in un periodo di circa quattro anni. Tale prospettiva coinvolge anche le produzioni laterizie in altri contesti pubblici traianei dentro e fuori Roma,Footnote 10 oltre che in contesti residenziali privati urbani, avvalendosi del forte incremento degli studi sull'argomento, verificatosi nell'ultimo decennio delle ricerche.
Non mancano osservazioni puntuali sulla tecnica esecutiva delle cortine, certamente esempi tra i più alti per accuratezza e omogeneità nell'architettura romano-imperiale: tanto più notevoli se si considera la presenza di materiale edilizio proveniente da officine differenti anche all'interno di una stessa struttura muraria, il che testimonia una standardizzazione delle misure, sicuramente regolata da apposite normative vigenti in materia, e una elevatissima abilità esecutiva dei manovali.
L'importanza dello studio a tappeto di tali testimonianze emerge sotto vari aspetti, fra i quali ovviamente quello della cronologia dei singoli settori componenti il complesso e dei momenti costruttivi, a partire da una fase di allestimento dell'area e di realizzazione del sistema di smaltimento delle acque, che si pone tra la tarda età domizianea, nella quale si colloca l'avvio della pianificazione edilizia, e il primo decennio del regno di Traiano, e una fase di costruzione dei vari settori in un arco temporale che abbraccia l'età traianea, ma anche i primi anni del regno di Adriano.
Una tale estensione cronologica non sarebbe in contrasto con la datazione delle dediche del Foro e della Basilica Ulpia (calende di gennaio del 112 d.C.) e della Colonna (12 maggio del 113 d.C.) riportate dai Fasti Ostienses,Footnote 11 date da considerare presumibilmente “programmatiche” o “di facciata”Footnote 12 all'interno di una storia dei lavori più lunga e a fronte di un completamento del cantiere solo in età adrianea, con alcuni interventi alle due estremità Nord e Sud del complesso. Nel settore meridionale si segnalano bolli degli anni 114–116 d.C. su tegole dalla copertura di un condotto nel massetto pavimentale della cosiddetta sala trisegmentata e bolli tardo-traianei/proto-adrianei negli strati di riempimento dei condotti del cortile porticato meridionale; a Nord, nel cortile della Colonna coclide, bolli databili al 123 e al 125 d.C. sono stati rilevati nella struttura di sostegno e rinforzo ad arco del collettore settentrionale del cortile, destinata a essere ricoperta dalla pavimentazione,Footnote 13 e nel condotto di smaltimento in direzione Nord delle acque del cortile della Colonna (bolli databili tra il 118 e il 125 d.C.). Si è potuto inoltre constatare che la costruzione dei condotti è stata realizzata, sulla base evidente di un iniziale progetto generale, contestualmente al getto delle fondazioni dei singoli settori e ciò è generalmente confermato da quanto resta degli alzati e delle decorazioni architettoniche. Pertanto la ricostruzione della cronologia di realizzazione del Foro Traiano fornita dagli autori ribadisce quanto più volte e da più parti espresso: una pianificazione e un avvio dei lavori già sotto Domiziano, la realizzazione di buona parte dei vari settori ed edifici entro le date proposte dai Fasti Ostienses, con completamenti importanti sia sul lato Nord che su quello Sud successivamente al 113 d.C., fino ad arrivare ai primi anni del regno di Adriano (almeno fino al 125 d.C.).
In coda al capitolo sono presenti importanti note prosopografiche su proprietari e officinatori di figline, anche imperiali, e su proprietari delle cave di provenienza dell'argilla, sulla distribuzione geografica delle cave e sulla localizzazione delle fornaci, che allargano o aggiornano le conoscenze in materia. Se per le generali problematiche relative alla provenienza dei laterizi, al coinvolgimento dei maggiori produttori del tempo e alla rete di rapporti tra la committenza imperiale e i probabili intermediari si rimanda a quanto già esposto nello studio di B. del 2001,Footnote 14 in questa sede viene evidenziato il rispetto di un'alta specializzazione delle singole figline alle quali la committenza ufficiale si rivolge per la fornitura specifica dei materiali, privilegiando un criterio di scelta basato soprattutto sulla qualità dei prodotti in base al loro specifico utilizzo.
Il capitolo 6 è riservato alle Considerazioni conclusive, di mano di M., imperniate su una nuova ricostruzione del Foro di Traiano, che chiudono ad anello il volume, aperto, come si è accennato, con una carrellata degli studi ricostruttivi precedenti gli ultimi scavi. In questo capitolo l'attenzione viene focalizzata su singole parti del complesso non direttamente interessate dagli scavi più recenti, ma che nuove analisi delle strutture hanno permesso di meglio comprendere e ricostruire, modificando precedenti ipotesi: è il caso della Basilica Ulpia e delle coperture delle sue navate, distinguibili in due tipologie, piatta e a volta ribassata, attribuibili rispettivamente al piano terra e al piano superiore dell'edificio. L'analisi dell'opera cementizia, eseguita sui crolli delle volte stesse, ha permesso, ancora una volta di evidenziare il sapiente utilizzo dei caementa e la loro dislocazione in base al calibro, rispettando una precisa percentuale di mistura con la malta, che, assieme probabilmente, alla presenza di catene metalliche, dovevano garantire ai solai, privi di armatura, stabilità e solidità.
Nella stessa Basilica Ulpia un'indagine condotta nella cripta della Chiesa del SS. Nome di Maria, situata in aggetto all'angolo Sud-Est di Palazzo Valentini, ha permesso di ricostruire il sistema scalare, a corpi convergenti a quattro rampe di notevole larghezza, che permettevano di raggiungere il piano superiore della Basilica stessa dal lato Nord del complesso.Footnote 15
Infine il rinvenimento dei già citati bolli laterizi di età adrianea (123 e 125 d.C.) nell'area del cortile della Colonna Traiana, sposato a una nuova analisi delle murature delle cosiddette Biblioteche, permette di ascrivere al regno di Adriano il completamento del complesso forense, tema affrontato nel paragrafo 6.3 “Adriano e il Foro di Traiano”: i due edifici gemelli a lato della Colonna coclide infatti, pur conservando bolli traianei nelle murature portanti (107–115 d.C.), mostrano di aver subito un più tardo, sostanziale rimaneggiamento della decorazione interna rispetto al progetto originale,Footnote 16 che avrebbe previsto la trasformazione da un unico ordine di colonne affiancate ai muri laterali e doppio ordine di nicchie articolate sulle pareti a un doppio ordine di colonne e doppio e diversamente modulato ordine di nicchie alle pareti, e la realizzazione di tre gradini per arrivare alle nicchie dell'ordine inferiore. Solo tale modifica avrebbe permesso di interpretarle come biblioteche:Footnote 17 tuttavia, proprio le nuove analisi, che smentirebbero i dati in passato descritti da A. Nibby e di nuovo osservati da C.M. Amici,Footnote 18 metterebbero in dubbio la tradizionale identificazione con le biblioteche citate da Cassio Dione,Footnote 19 sia per il rivestimento interno delle nicchie in marmoFootnote 20 sia per l'assenza di tracce dei fori dei cardini che avrebbero sostenuto i telai degli sportelli per i libri e i documenti e dei loro sistemi di chiusura al centro.
Alcuni confronti per lo schema decorativo delle pareti, istituiti da M., limitatamente peraltro a edifici templari romano-urbani e di Baalbek, suggerirebbero una loro identificazione come aule di culto, in intima connessione con la Colonna coclide o, meglio, destinate “alla sepoltura se non al culto della coppia imperiale divinizzata Traiano-Plotina” (313), affermazione che comunque suggerirebbe l'esistenza di un monumento/edificio separato per il culto dei due divi, non ulteriormente definito:Footnote 21 in una visione “allargata” lo studioso trasferirebbe dalla Colonna alle due aule la sede delle ceneri di Traiano e di Plotina, sede comunque decretata alla morte dell'imperatore e testimoniata dalle fonti antiche. Tralasciando il problema che tale interpretazione susciterebbe in merito alla del tutto insolita tipologia architettonica scelta, rispetto alla tradizione imperiale, per il/i monumenti funerari della coppia che, fra l'altro, in via eccezionale, sarebbero stati due,Footnote 22 la constatazione avanzata da A. ClaridgeFootnote 23 e invocata da M. a supporto della loro ipotesi, relativa alla eccessiva ristrettezza dello spazio destinato alle urne dei due sovrani divinizzati che viene tradizionalmente identificato nel basamento della Colonna, non sembra possa costituire un elemento discrezionale, vista l'alta carica simbolica rivestita dalla Colonna stessa e la sua presenza all'interno del pomerio. Piuttosto la precisa citazione delle fonti in proposito non sembra lasciare spazio a una collocazione della/delle urne in luogo diverso dalla Colonna stessa, benché vicino.Footnote 24
Altro è il problema del Templum divi Traiani et divae Plotinae, citato dalle fonti antiche in stretta connessione con la Colonna,Footnote 25 di cui M. ripercorre la storia degli studi fino alle ipotesi più recenti, scaturite dagli scavi sotto Palazzo Valentini. Lo studioso si limita, in questa sede, a sposare la più recente tesi avanzata da E. La RoccaFootnote 26 che, diversamente dalla scopritrice, interpreta i resti rinvenuti sotto la fronte meridionale del palazzo (area delle cosiddette ex carceri), isolandoli rispetto alle emergenze rinvenute più a Nord, sotto l'ala occidentale dello stesso palazzo (ex sala mensa, attuale sala Egon von Fürstenberg e ambienti annessi),Footnote 27 come le fondazioni dell'Arco Partico dedicato dal Senato a Traiano, nel suo Foro, nel 116 d.C., a seguito degli eventi bellici in territorio partico:Footnote 28 con tale ipotesi si risolverebbe, a suo avviso, il problema della collocazione dell'arco,Footnote 29 ma, come lo stesso M. ammette, resterebbe aperta la questione dell'aspetto e delle dimensioni del tempio, oltre che della collocazione della bibliotheca templi Traiani menzionata da Aulo Gellio in merito agli edicta veterum praetorum,Footnote 30 e della bibliotheca Ulpia, i cui libri, presumibilmente di carattere giuridico, sarebbero stati poi trasportati, secondo l’Historia Augusta, nelle Terme di Diocleziano.Footnote 31 La questione viene quindi prudentemente lasciata in sospeso e la possibilità di dirimerla viene rimandata a future scoperte.
In questo capitolo, in cui si riassumono anche i dati più importanti sulla decorazione architettonica del Foro scaturiti dalla pluridecennale attività di schedatura e studio a cura di L. Ungaro e M. Milella (paragrafo 6.4), viene ripresa, al paragrafo 6.5, l'ipotesi di identificazione del sito dell’Atrium Libertatis a partire dall'età di Traiano, quando i lavori di sbancamento e di riallestimento dell'area, che interessarono il suo sito originario sulla sella tra Campidoglio e Quirinale, a breve distanza dal Foro Romano, determinarono la necessità di trovare per l'edificio una nuova collocazione, individuata all'interno del nuovo Foro. L'identificazione parte dall'iscrizione (L)IBERTAT(IS), in parte perduta, ma ricostruibile in base a disegni di epoca rinascimentale, apposta sul frammento G della lastra 29 della Forma Urbis severiana, riproducente la Basilica Ulpia, e da una serie di fonti letterarie. Se F. Coarelli pensa a una localizzazione nell'area settentrionale, comprendente il cortile della Colonna Traiana con le cosiddette Biblioteche e la Basilica Ulpia, in uno schema architettonico che avrebbe riprodotto quello, con due biblioteche e una basilica, proprio dell’Atrium repubblicano ricostruito da Asinio Pollione e ispirato al tipo edilizio noto solo dalle fonti letterarie come atrium publicum,Footnote 32 M. suggerisce la corte porticata meridionale, caratterizzata da un lussuoso arredo architettonico, che funge da cerniera con il Foro di Augusto, rimandando a un futuro, auspicato scavo dell'area, ancora non toccata dalle indagini, situata lungo il lato Ovest della corte e compresa tra i Fori di Traiano, Augusto e Cesare.
Una nuova analisi delle testimonianze letterarie permette infine di ribadire la funzione, oltre che di rappresentanza del potere imperiale, di luogo di amministrazione della giustizia che il Foro di Traiano dovette rivestire fino alla tarda antichità, con un tentativo di identificare, in base all'analisi dettagliata delle strutture,Footnote 33 anche i singoli settori del complesso interessati dalle attività giudiziarie dei pretori, con i loro corposi archivi, e la sede delle riunioni del Senato tra 4° e 5° sec. d.C.,Footnote 34 sintetizzato nella planimetria ricostruttiva presentata alla fig. 6.14 (p. 322).
Il paragrafo relativo alla diffusione del motivo della Colonna istoriata (6.7) sottolinea la mancata influenza dello schema architettonico del Foro di Traiano, ad eccezione della Colonna coclide, nei contesti e nelle epoche successive, assenza che viene ascritta alle dimensioni colossali e all'impegno e all'imponente dispiego di forze e materiali, che ne avrebbero fatto un irripetibile unicum.
Chiude il volume un ultimo capitolo, riservato alla vasta bibliografia sull'argomento.
Le principali novità che emergono dai risultati degli scavi del Comune di Roma, su cui i due autori si soffermano con dovizia di particolari, e che hanno già messo in luce, anche se settorialmente, in studi precedenti, riguardano in primo luogo il lato meridionale della grande piazza, non più ricostruibile come un prospetto curvilineo interessato da uno o più archi monumentali di accesso, ma come un'architettura rettilinea di facciata a linee spezzate, rese da tronconi obliqui e convergenti, destinata anche a inquadrare l’equus Traiani. Novità emergono anche per lo stesso equus, in particolare le sue dimensioni colossali, la sua posizione arretrata verso Sud rispetto al centro della piazza e il suo orientamento verso Nord.
Lo scavo inoltre ha fornito nuovi dati per una plausibile ricostruzione della cosiddetta galleria voltata o sala trisegmentata, che gli studiosi propongono di identificare con la porticus porfiretica nota da fonte letterarie ed epigrafiche tarde.Footnote 35
Il cortile porticato meridionale, accessibile dalla sala trisegmentata, viene delineato con precisione nelle sue caratteristiche architettoniche e decorative e il suo studio ha necessariamente comportato la definizione del complesso rapporto del nuovo foro con il preesistente Foro di Augusto, di cui vengono chiariti aspetti relativi alla costruzione oltre che alle modifiche occorse in fase domizianeo-traianea.
Evidente è il pregio dell'opera di riunire in un unico volume, in un quadro caratterizzato da omogeneità e completezza di trattazione, risultati in parte pubblicati precedentemente, ma in molteplici e differenti sedi. In generale nelle descrizioni delle emergenze si percepisce l'enorme lavoro di raccolta e interpretazione dei dati e si apprezza l'analisi precisa e dettagliatissima dei contesti e l'interpretazione puntuale delle emergenze con la definizione delle varie fasi di cantiere. A fronte di questo quadro dettagliatissimo si coglie peraltro una certa carenza di visione sintetica, pur giustificata dalla mole stessa dei dati trattati.
Si deve inoltre rilevare la presenza, oltre che di alcuni refusi, di descrizioni o di considerazioni più volte ripetute nell'ambito del lavoro e anche nell'ambito dei singoli capitoli, a voler ribadire concetti che sono peraltro espressi sin dall'inizio in maniera sufficientemente chiara, come se, almeno per alcune parti, non fosse stata operata una revisione finale del testo.
Ricca ed esaustiva è la documentazione grafica di corredo; abbondante anche il corredo fotografico che comprende, come di dovere, un buon numero di foto d'epoca, ma che in qualche caso di scatti recenti, pecca in nitidezza e qualità.